Grandi cuochi, grandi filosofi?

memorie di un cuoco d'astronave

Bisogna prendere Memorie di un cuoco d’astronave per quello che è, o meglio, per quello che dovrebbe essere: un libro leggero per evadere dalla grigia realtà. Certe trovate sono senz’altro originali: il fatto che il protagonista sia uno chef, per esempio, o le ricette alla fine di ogni capitolo, al di là della loro reale o presunta fattibilità. Nel complesso è un libriccino divertente e ironico, ma mi dispiace ammettere che abbia anche dei difetti non trascurabili. La scrittura è abbastanza sciatta, l’autocelebrazione continua del protagonista (dietro cui si vede in modo piuttosto netto l’autore), la tendenza al sermone pseudo-filosofico (filosofia libertaria spicciola), il continuo uso dell’anglo-romanesco (ridi una volta, due, tre, quattro, poi però basta!) e alcuni episodi imbarazzanti appesantiscono notevolmente la trama, sempre che di trama si possa parlare.

A conti fatti, un esperimento che avrebbe potuto dare frutti migliori.

B.B.

P.S. Si trova gratis e legalmente su Liber Liber.

2/5

Aggirare gli scogli della disinformazione

Il grande inganno di Internet

Un utile vademecum per imparare a riconoscere la disinformazione (manipolazione volontaria dell’informazione) e le vere e proprie bufale, dalle “innocue” alle più pericolose, scritto da un debunker d’esperienza.

Tutti possiamo cadere nella bufala o nella disinformazione. E non si deve assolutamente credere che basti evitare i “bassifondi” dei social network: perché se è vero che molti di questi contenuti sono creati in particolari contesti (di solito gruppi chiusi), ciò non esclude contatti accidentali. Proprio per questo è fondamentale imparare a difendersi. Tali contenuti non vanno mai sottovalutati, neanche quelli che a prima vista sembrano incredibili (“ma chi vuoi che ci creda”), perché il potere della persuasione non di rado ha la meglio sulla nostra parte razionale. Non bisogna nemmeno dimenticare che disinformazione e bufale fanno danno e le eventuali correzioni difficilmente riescono a ripararlo.

Il libro ha una struttura forse un po’ troppo aneddotica, ma riesce con efficacia a comunicare quel che è necessario sapere. Penso che sia più adatto a un lettore digiuno dell’argomento: consultando ormai da tempo il sito di David Puente e quelli dei suoi colleghi, e conducendo alcune ricerche personali, diversi meccanismi (anche nel campo della propaganda) e molte vicende mi erano già noti. Una storia per tutte, quella di Alfredo Mascheroni, probabilmente una delle più agghiaccianti: vittima di una catena di messaggi su Facebook che diffondevano la tesi della sua presunta pedofilia, si è ritrovato di punto in bianco il suo bar vandalizzato e con scritte ingiuriose alle pareti. Per non parlare degli amici e dei clienti che lo vedevano con sospetto.
Quando vi capita di vedere delle foto di persone accusate in base a non si sa cosa di aver commesso un reato grave (vanno molto le percosse su o le uccisioni di animali o bambini, azioni che per forza capitalizzano molti “punti indignazione”) e su cui compare l’ormai classica scritta “KONDIVIDI E FAI GIRARE!111!!!1!”, non fatelo! Se si pensa che sussista veramente un reato, ci si comporta da persone serie e ci si rivolge alle forze dell’ordine, non ci si mette a fare i meme… E se, come spesso accade, non è altro che una calunnia, le conseguenze per chi genera messaggi simili devono essere molto severe.

In sostanza, un buon inizio per il neofita. Per il lettore un po’ più “navigato” non dice di più di quanto già non si sappia.

B.B.

3/5

Il signor Congiuntivo

La congiuntura del congiuntivo

 

L’alone sacro da cui è avvolto il congiuntivo non è un riflesso di quello che “significa” ma di quello che “rappresenta”. E il congiuntivo, nel nostro Paese, rappresenta una specie di patente nobile del buon parlare, di lasciapassare sociale che permette di riconoscere immediatamente il milieu intellettuale delle persone dalle desinenze che usano.”

 

Una brevissima ma illuminata riflessione sul ruolo del congiuntivo nella lingua italiana contemporanea.

Generalmente bistrattato nella conversazione, non si può però negare la necessità del suo corretto impiego nei documenti scritti, ed è quindi giusto che le scuole insistano su questo aspetto.
L’autore rileva anche come il congiuntivo (vedi il passaggio citato in alto) venga usato non tanto per quello che “significa” (il modo dell’incertezza e della soggettività: dubbio, possibilità, augurio, speranza, valutazione od opinione etc., preceduto da appositi verbi o congiunzioni), quanto per quello che “rappresenta” (un supposto simbolo di status sociale medio-alto/alto). Da qui deriva talvolta una tendenza all’ipercorrettismo, per esempio in alcune subordinate temporali: mentre “prima che + congiuntivo” è corretto, “dopo che + congiuntivo” non lo è (almeno, a istinto mi suona male). Per non parlare, a volte, di coniugazioni sbagliate, come nel famoso episodio di Fantozzi:
“Allora ragioniere che fa, batti?”
“Ma, mi da del tu?”
“No no, dicevo: batti lei?”
“Ah, congiuntivo!”

Degna di nota è anche la questione dei verba cogitandi o “verbi di pensiero”. Le grammatiche di norma sostengono l’uso del congiuntivo dopo questi verbi, e non dell’indicativo presente o futuro. De Benedetti evidenzia l’arbitrarietà di tale regola con un esempio che mi sembra efficace: “Credo che Dio esista” vs “Credo che Dio esiste”. Non viene considerata la differenza semantica tra le due accezioni del verbo “credere”. “Credere + congiuntivo” contiene un seme di dubbio, “Credere + indicativo” esprime, invece, una credenza di cui il locutore è sicuro. Sarebbe in effetti un po’ buffo sentire un credente convinto dire: “Credo che Dio esista”. Si potrebbe fare anche l’operazione inversa. “Credo che Dio non esista” denota ancora scetticismo: la possiamo udire da una persona che già tende ad avere dubbi sull’esistenza di Dio, ma che non è del tutto certa della sua assenza. “Credo che Dio non esiste”, al contrario, è un enunciato che potrebbe essere espresso da un ateo sicuro di avere ragione.

Ci sarebbero altre considerazioni interessanti, ma non voglio certo riscrivere il libretto! Pertanto, vi consiglio di leggerlo (e-book che si trova tranquillamente su MLOL).

Morale della favola: le regole vanno prese con le pinze. Se vi è una discrepanza tra le regole e i significati, occorre riflettere e non prendere la grammatica per oro colato. Nella lingua non vi è nulla di giusto o sbagliato in senso assoluto, ma solo nel contesto.

P.S. “Nonostante non ho…” non si può sentire!

 

B.B.

 

4/5