Tre paesi, una storia comune

 

ANIME BALTICHE

Perché viaggiare, insieme a leggere e ascoltare, è sempre la via più utile e più breve per arrivare a se stessi.

[Traduzione di Claudia Cozzi e Claudia Di Palermo]

Care amiche, cari amici,

Anime baltiche (titolo originale nederlandese: Baltische zielen) di Jan Brokken è uno dei libri più strani che abbia mai letto. Una storia dei paesi baltici? Una raccolta di biografie – romanzate – di personaggi che hanno in comune le loro origini in quelle terre gelide? Un reportage di viaggio da un mondo poco conosciuto, almeno da noi in Occidente? Un po’ tutto questo.

Estonia, Lettonia, Lituania. Tre territori da sempre nelle mire di vicini più potenti, soprattutto la Germania e la Russia (poi Unione Sovietica), abitati da tre popoli poco numerosi che si sono ritrovati a convivere, non sempre pacificamente, con russi, polacchi, tedeschi, ebrei. Tre paesi che hanno conosciuto la rigidissima disciplina prussiana, lo zarismo, il nazismo e il comunismo. In breve, un angolino di mondo dalla storia estremamente complessa e travagliata. Per questo è deprimente rendersi conto di quanto poco si sappia di queste zone, di quanto il loro dolore non ci sia familiare.

L’immagine dei popoli baltici che emerge da questo affresco sfaccettato è quella di persone che sanno cosa significhi essere soggiogati da potenze straniere. Persone rassegnate, ma forse proprio per questo dotate di un particolare senso della nazione. Se è vero che il patriottismo baltico fino alla metà del Novecento si traduceva anche in nazionalismo collerico e antisemitismo assai virulento – come accadeva nei paesi slavi confinanti -, è anche opportuno osservare come una sua versione sana, insieme con un profondo amore per la musica, sia stata il concime per la Rivoluzione cantata (1991), l’emozionante protesta pacifica per l’indipendenza che sbocciò tra le crepe di un’URSS prossima al crollo. Il canto è sempre stato un componente fondamentale dell’identità nazionale estone, lettone e lituana – non per niente i paesi baltici vantano la più elevata densità di cori al mondo.

È proprio al periodo della Rivoluzione cantata che si collega la biografia che più di tutte mi ha colpito: quella di Loreta Asanavičiūtė (capitolo 6, La vittima innocente), una normale ragazza lituana che, come nella migliore tradizione del suo paese, faceva parte di un coro. Sventuratamente rimase con le gambe incastrate sotto i cingoli di un carro armato sovietico durante una protesta a Vilnius. Con la gamba sinistra amputata, chiese al medico della Croce Rossa che si occupava di lei se sarebbe sopravvissuta. Aveva ventitré anni.

Per quattro ore l’équipe di medici e infermiere tentò di tenerla in vita. Poi Loreta pronunciò la sua ultima domanda, una domanda che la televisione lituana ripeté ad alta voce, che fece piangere un intero popolo e ribollire di collera il paese. Una domanda che raggelò il volto indulgente di Gorbačëv e che, alla fine, condusse al ritiro di tutte le truppe sovietiche dalla Lituania.
«Potrò ancora sposarmi? Potrò ballare alle mie nozze?»

Le altre biografie che trovo ben riuscite sono quella di Hannah Arendt (capitolo 8, La città di Hannah Arendt), che come Immanuel Kant nacque nella tedesca Königsberg (oggi la russa Kaliningrad, stretta tra Lituania, Polonia e mar Baltico) e quella di una famiglia di nobili di origine tedesca in fuga dall’Estonia (capitolo 10, La cacciata da Mõisasamaa). Interessante pure la storia del compositore estone Arvo Pärt, tuttora vivente (capitolo 12, Tabula rasa).

Purtroppo, ora mi vedo costretta, dopo questi elogi, a dover muovere anche delle critiche. In primo luogo, e qui ignoro se la colpa sia dell’autore, del responsabile dell’editing o di entrambi, la revisione delle date. Anticipare di dieci anni l’incoronazione dello zar Nicola I non mi pare una svista da poco in un libro di questo genere, a maggior ragione se si tratta di una casa editrice come Iperborea, di solito molto attenta alla qualità delle proprie pubblicazioni. Cito questo strafalcione perché mi è saltato all’occhio, ma da altre recensioni mi è parso di capire che ve ne siano altri. Siete fortunati, caro Brokken e cari iperborei, che sono solo una misera studentessa che non ha né il tempo né la voglia di controllare ogni singola data.

Oltre a quelle ben scritte, sono presenti anche biografie meno riuscite, per diverse ragioni. Una è la mancanza di equilibrio nella costruzione della narrazione che finisce per danneggiare il potenziale di alcune storie. Un altro limite è il narcisismo dell’autore che ogni tanto si fa anche troppo evidente – basti pensare ai diversi riferimenti culturali che sembrano inseriti “a capocchia” (sono una persona fine), solo per dimostrare quanto sia erudito. Infine, in certi passaggi pare di sentire parlare un ominicchio pettegolo piuttosto che uno scrittore.

In conclusione, malgrado questi punti deboli, come lettura è buona nella misura in cui spalanca le porte su un pezzo di mondo a noi sconosciuto. Le biografie che reputo migliori valgono la pena. Solo, un autore/narratore meno ingombrante e meno megalomane sarebbe stato preferibile.

Se l’avete letto, cosa ne pensate?

A presto!

B.B.

P.S. Non sono mai stata nei paesi baltici, ma conto prima o poi di visitarli. E voi, ci siete mai stati? Se sì, qual è stata la vostra esperienza?

 

3/5