What if..? E se..?

Mi ha stupito in positivo, per quanto non sia il mio genere di fantascienza.

Avevo iniziato I reietti dell’altro pianeta quando ero confinata in casa col coronavirus che imperversava, ma facevo moltissima fatica a leggerlo: probabilmente non era il periodo giusto. A mio modesto parere, Le Guin è primariamente una scrittrice di fantasy e io al fantasy sono un po’ allergica, mi dispiace. Di questo libro, La mano sinistra del buio (The Left Hand of Darkness, 1969), non ho amato i ripetuti sconfinamenti nella modalità magico-religiosa e la riduzione dell’aspetto scientifico, già poco presente, a una sorta di magia essa stessa (vedi l’ansible). Si potrebbe obiettare, riprendendo le parole di Arthur C. Clarke, che una qualunque tecnologia sconosciuta può essere presa per magia da chi con essa non ha familiarità (gli abitanti del pianeta Inverno/Gethen sicuramente non hanno gli strumenti cognitivi e tecnologici per capire come funzioni l’ansible, e noi lettori con loro), tuttavia la quasi totale assenza di spiegazioni (fanta)scientifiche è stata un po’ dura per me da digerire.

Altro aspetto che può creare difficoltà, soprattutto all’inizio, è il funzionamento della società di Inverno. Il lessico delle usanze, dei ruoli, dei costrutti sociali, delle istituzioni, delle due religioni è abbastanza complesso; considerato l’inizio in medias res del romanzo e l’assenza di un glossario, occorre essere molto attenti e se necessario tornare indietro. Segnalo, comunque, che esiste una piccola, utile appendice in questa edizione in cui viene spiegata la misurazione del tempo. Quel che distingue Le Guin da un autore come Frank Herbert mi pare sia, però, il maggior rigore antropologico (del resto, l’autrice era figlia di un antropologo) e una caratterizzazione dei personaggi più pronunciata. Differenze che ho apprezzato molto, visto quanto non sopporti Dune e i suoi protagonisti praticamente privi di qualsivoglia maturazione (o involuzione).

Le parti più belle per me sono la speculazione sulla società ambisessuale di Gethen e il viaggio tra i ghiacci compiuto dal terrano Genly Ai, l’Inviato dell’Ecumene, e il/la getheniano/a Estraven.

La prima è un magnifico esempio di esperimento di pensiero, forse l’unica caratteristica davvero fantascientifica del libro. E se esistesse una società così strutturata, cosa succederebbe? Questo esperimento di pensiero però non va, secondo me, interpretato come un’utopia. La vera utopia sembra essere l’Ecumene, la federazione dei pianeti che in modo assolutamente pacifico propone agli Stati di Gethen di unirsi a essa. La società di questo pianeta, in realtà, non è tutta rose e viole. Da un lato, la possibilità per ciascun abitante di ritrovarsi maschio o femmina nei giorni del kemmer (una sorta di calore) e quindi l’eventualità che ognuno possa diventare madre fa sì che la cura dei figli sia bilanciata tra i membri della coppia (che può benissimo non essere fissa). Inoltre, sembra che questa androginia sia la principale responsabile dell’assenza di guerre su Gethen, anche se sospetto che la vera causa sia il clima glaciale.
Tuttavia, si viene presto a scoprire che l’assenza di guerre non implica l’assenza di becero nazionalismo e di aggressività: in Kharide, stato semi-feudale, il re è apertamente pazzo e si lascia abbindolare da un primo ministro crudele che vuole risolvere con la violenza una piccola disputa territoriale con Orgoreyn, lo Stato confinante; nello stesso Orgoreyn, che invece pare modellato sull’Unione Sovietica, il controllo della burocrazia e della polizia segreta è a dir poco asfissiante ed esistono veri e propri campi di lavoro, dove i malcapitati prigionieri svolgono lavori pesantissimi e subiscono trattamenti farmacologici invasivi mirati a inibirne il kemmer.

Lo sviluppo del rapporto di comprensione, empatia e amicizia (e anche amore impossibile?) tra i due protagonisti mentre vagano sul ghiaccio per fuggire dai nemici è molto toccante. Mi è dispiaciuto molto per il finale… Le Guin fu molto criticata dal movimento femminista per non essere andata più a fondo nella denuncia del sistema patriarcale e per non aver contemplato la possibilità dell’omosessualità su Gethen.

In conclusione, è un esperimento di pensiero nel complesso ben riuscito che induce a riflettere sui nostri assetti sociali, culturali, politici, affettivi e sessuali, anche se personalmente non sono una fan della fantascienza tendente all’inclusione dell’elemento magico-religioso.

B.B.

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