Tra ghiaccio, aceri e scoiattoli

Ero arrivata a poco più di metà. Avevo dei buoni propositi. Speravo di riuscire a finirlo. Ma, in tutta onestà, se mi trascino un giallo da mesi e mesi, al di là delle altre letture che sto portando avanti (per dovere principalmente), vuol dire che c’è qualcosa che non va.
E so bene cosa non mi è andato a genio: personaggi caricaturali, quebecchesi in primis; vicenda troppo inverosimile e quindi debole; la scrittura, che dovrebbe permettere l’immersione del lettore nella psicologia dei personaggi, in particolare di Adamsberg, e che dovrebbe creare e mantenere la suspense, mi è parsa oltremodo piatta, scontata, prevedibile. Non c’è un reale approfondimento psicologico, a maggior ragione se si ha a che fare con i gendarmi quebecchesi, ma anche ad Adamsberg è stato cucito un ruolo, quello che potrei definire “eroe dai modi duri perseguitato ingiustamente” (pur avendo dei conti aperti col passato che però, almeno fin dove ho letto, non ho ben capito). Questo libro sembra un copione già scritto. E non è che basti scrivere di posti pieni di nebbia e nuvole e ghiaccio per rendere un’atmosfera da poliziesco; è utile, ma non è abbastanza. Gli stessi luoghi del Québec sono descritti in una maniera molto, molto aderente al cliché.

Naturalmente, i problemi riscontrati sono riferiti soltanto a questo volume della serie, il sesto. Non escludo che altri romanzi siano migliori e che magari sarebbe stato sensato partire dal primo, ma del resto non l’ho scelto: ho dovuto analizzare alcuni estratti per il mio corso di lingua francese dell’anno accademico scorso, il quale era incentrato sul francese del Québec. C’erano anche altre opere tra cui scegliere, ma la loro versione quebecchese era di difficile reperibilità. Anche la logistica degli esami ha una voce in capitolo.

In conclusione, non ho rimpianti. Eventualmente in futuro proverò a leggere il primo, ma non garantisco niente.

1/5

B.B.